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Meno apericene e più attivismo!

Non un atto d’accusa, ma una domanda: come mai agli aperitivi e cene vegane c’è sempre il pienone (e si scopre una presenza di vegani davvero insospettabile), ma poi su strada siamo sempre gli stessi?Capisco che fare attivismo costantemente per una causa a lungo termine come questa della liberazione animale sia stancante e frustrante perché non si vedono risultati immediati, capisco che ognuno abbia i propri impegni, lavoro, famiglia e anche legittimo diritto di trascorrere del tempo libero dedicandosi alle proprie passioni (cosa che faccio anche io, peraltro), capisco tutto, ma possibile che non si riesca a trovare due ore al mese per partecipare a un presidio, banchetto o altro evento? E come mai qui su FB leggo sempre tanta rabbia, indignazione, voglia di fare questo e quello e poi però tutto muore una volta spento il pc?

 

Ma non lo capite che gli animali in gabbia hanno solo noi come testimoni della loro schiavitù? Lo sapete, ad esempio, che le condivisioni su Facebook raggiungono solo un cerchio limitato di persone (i vostri amici e tra loro solo quelli con cui interagite più spesso) e che non sarà un post a raggiungere la gran massa là fuori che sta incollata ai media di stato e che recepisce un messaggio fuorviante sul veganismo e sugli allevamenti? C’è bisogno di attivisti seri e preparati e tanti di voi lo sono, tanti di voi qui su FB scrivono post interessanti e illuminati e allora… cosa aspettare a fare quel poco di più che però farebbe la differenza per tutti quegli altri animali che dite tanto di voler salvare?

 

Qui a Roma un paio di anni fa l’attivismo sembrava essere agli sgoccioli, poi siamo ripartiti, oggi ci sono tanti gruppi e associazioni che son tornati nelle piazze, ai presidi NOmattatoio c’è una presenza costante di 60/70 persone ogni volta, a volte anche di più, quindi qui non ci si può lamentare però nel corso di questi anni di attivismo ho notato che molti che avevo conosciuto agli inizi, via via hanno hanno allentato la loro partecipazione, fino a sparire del tutto, anche se in compenso ce ne sono parecchi nuovi: in pratica c’è un ricambio generazionale che da una parte è positivo, ma dall’altra preoccupante perché significa che il numero di attivisti rimarrà sempre stabile e non ci sarà mai una crescita esponenziale come invece sarebbe auspicabile. Pare infatti che la vita media dell’attivista sia al massimo di cinque anni, poi si smette.

Come mai?

 

Se non fosse così, oggi avremmo le piazze piene, andremmo in mille davanti ai mattatoi, riempiremmo le strade durante le manifestazioni e sicuramente avremmo un impatto maggiore. Una volta anche Chris DeRose, durante una sua conferenza, fece notare questa cosa: la mancanza di costanza, il numero di attivisti che non aumenta nonostante il numero di vegetariani e vegani – e che lo sono diventati per motivi etici – sia invece in costante crescita nel mondo. Certo, come scrivevo qualche giorno fa, noi ci siamo scelti una battaglia difficile, i cui risultati probabilmente non vedremo mai, eppure non possiamo permettere che il movimento muoia senza lasciare il testimone alle nuove generazioni.

 

La frustrazione, la rabbia, il dolore non possono essere deterrenti ad agire, bensì devono farsi motore di azione e ricerca di nuove strategie. Siamo a un punto cruciale perché i media parlano sempre più spesso dei vegani e del veganismo, solo che lo fanno tacendo le motivazioni del perché si diventa vegani e ovviamente non parlano dell’attivismo, della lotta contro lo sfruttamento animale e delle condizioni di schiavitù in cui sono tenuti gli animali dentro gli allevamenti; tacciono sulle pratiche di violenza istituzionalizzata che vengono perpetrate con assoluta normalità, tacciono sull’orrore dei macelli o, peggio, lo normalizzano. Per non parlare della cultura antropocentrica che non viene ancora minimamente scalfita. Per cui c’è bisogno di noi, adesso, adesso più che mai! E non su Facebook, che dà solo l’illusione di cambiare la realtà. Va bene per comunicare (come sto facendo io adesso), ma è insufficiente a cambiare la realtà anche perché ne dà una visione distorta.

 

C’è gente che sta in pena per un like mancato, persone che trascorrono il loro tempo a polemizzare senza mai proporre qualcosa di costruttivo e si sentono anche fighe nel farlo non immaginando quanto questa mancanza di costruttività sia il riflesso del vuoto che le opprime, persone che riempiono la bacheca di cazzate sentendosi importanti per questo.

 

Si crede, a torto, che la propria bacheca sia un palcoscenico dal quale parlare al mondo. Beh, svegliatevi gente, non è così. Ve lo hanno fatto credere, ma non funziona così. Ognuno di noi può interagire solo su una piccola porzione di realtà, ognuno di noi ha spazio di manovra limitato, ma ce l’ha, nel reale. Dunque, attiviamoci e spendiamo il nostro tempo per questo, interagendo con quelle poche persone su strada con le quali ci può essere una vera interazione.

 

Ciò che i governi e il potere (multinazionali, finanza ecc.) temono di più è la presa di coscienza dei singoli della loro capacità di cambiare la realtà con le loro scelte e con il farsi attivi politicamente, senza più delegare. Ecco, se fossi una complottista (ma non lo sono perché la realtà è troppo complessa per essere ridotta a pochi schemi e banali rapporti di causa ed effetto diretti), penserei che Facebook sia stato creato proprio per dare questa illusione di cambiamento, ma in sostanza lasciando tutto così com’è, nelle mani di pochi.

 

Il vero cambiamento è nell’agire, nel fare, dopo aver ovviamente ben pensato e ben meditato sulle migliori strategie. Per agire e pensare io mi riferisco a tante cose: all’azione diretta (che però richiede molta preparazione e una notevole possibilità di rischiare), alla disobbedienza civile, al volontariato, ma anche alla semplice partecipazione a un presidio, a un banchetto, a una campagna, a una manifestazione. Sono sicura che ognuno troverà la forma più congeniale di attivismo.

 

L’importante è non restare a guardare. Bisogna inoltre scrollarsi di dosso quella falsa idea di cambiamento politico che ci hanno cucito addosso: ossia che basti votare il deputato che ha a cuore gli animali per cambiare qualcosa. C’è troppa distanza tra l’individuo e la politica attiva dal basso di tutti i giorni. Si crede, a torto, che andando a mettere la x dentro la cabina elettorale sia sufficiente e poi si torna a casa, contenti e pasciuti, convinti di aver fatto il proprio dovere.

 

Non è così! Non è così! In parlamento si faranno sempre gli interessi delle multinazionali e di chi vuole mantenere il potere, si tenderà sempre a mantenere lo status quo che regala privilegi a pochi a discapito di molti. E vi ricordate chi c’è nelle cantine del grattacielo di Horkheimer (metafora di come è strutturata la società capitalista)? Ci sono gli animali. E lì, per la politica istituzionale, devono restare. Perché è restando lì che si avranno materie prime a costo zero e si faranno arricchire industriali e multinazionali.

 

Ricordiamoci cosa diceva Barry Horne: “Se non ora, quando? Se non tu, chi?”. Lui si riferiva all’azione diretta, ma è un monito che può essere esteso a qualsiasi tipo di attività. Purché ci si riappropri della consapevolezza del potere di cambiare la realtà che noi tutti abbiamo come singoli. Se nella vostra città non ci sono gruppi attivi o associazioni che fanno attivismo, potreste iniziare qualcosa per conto vostro: un semplice volantinaggio o presidio, un banchetto, cercando di coinvolgere i vostri amici e contatti.

 

Ecco, alla luce di queste considerazioni, la mia domanda ora è: cosa vi ha spinto a mollare? Cosa vi trattiene dal fare attivismo? Non pensate che almeno un paio di ore al mese – che farebbero la differenza! – potreste impegnarvi a ritagliarle per quegli animali che assolutamente volete liberi dalla gabbia? Pigrizia, frustrazione, timidezza, cos’è che vi trattiene?

 

Quand’è che riempiremo le strade, le piazze, gli spazi, che occuperemo gli edifici del potere, gli allevamenti, i mattatoi, gli stabulari della vivisezione? Possiamo farlo in venti? No. Ma in cento, mille, diecimila sarebbe tutto un altro paio di maniche!Ah, ultima cosa: partecipare a una cena vegana non è attivismo!

 

di Rita Ciatti – fonte Facebook

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