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Il mattatoio: lasciate ogni speranza, o voi che entrate.

Quella che segue è la testimonianza di Angelo Badas, un ex macellaio, ora vegano, raccolta di recente da Eloise Cotronei e pubblicata sulla pagina facebook di NOmattatoio.

 

Arrivavo all’alba, accompagnato da mio padre: ricordo i rumori assordanti, il fetore, le urla, i lamenti, l’incapacità di poter trovare un riparo, anche solo per un momento, per distaccarmi da quello che vedevo accadere davanti ai miei occhi.

 

Figlio di un macellaio, avevo 8 anni quando entrai per la prima volta in un mattatoio. Di questo luogo rimane impresso nella mia mente il protrarsi della violenza senza limite inflitta con qualsiasi mezzo a delle creature terrorizzate.

 

Ho visto maiali arrivare sfiniti dopo viaggi estenuanti sui camion, immersi nei loro escrementi, e ricoperti di piaghe infette e pus in tante parti del corpo.
Gli animali venivano scaricati in piccoli box prima di essere letteralmente afferrati e spinti con qualsiasi mezzo e oggetto contundente per procedere alla macellazione. I maiali, già visibilmente stremati e nervosi, avvertendo l’odore nauseante del sangue misto a feci, si mordevano tra di loro e, sempre nei box di attesa, venivano afferrati violentemente dagli operatori con un attrezzo chiamato “torcinaso” che, a forma di cappio, stringe la circonferenza del naso del povero maiale a tal punto da far scoppiare le cartilagini. 

 

I maiali e tutti gli altri animali venivano trascinati in qualsiasi modo, l’importante per i macellai era arrivare alla fase successiva: l’uccisione e lo squartamento.
Ho visto scrofe gravide che venivano letteralmente squarciate nella pancia con i feti che fuoriuscivano immersi nel liquido amniotico, budella e sangue, contorcersi e soffocare nel loro sangue appese a una zampa.

 

Se un animale presentava una frattura, la preoccupazione per i macellai era l’impossibilità di vendita di quel “pezzo” “difettoso”.
L’interno di un mattatoio è scioccante dall’inizio alla fine, gli animali vedono i loro compagni che vengono massacrati. 
Non scorderò mai le urla strazianti quando venivano sventrati, ricordo il rumore degli intestini che precipitavano fuori dal corpo mentre gli animali si dimenavano appesi a testa in giù. Non ho visto niente di più atroce e terribile in vita mia! 

 

Ora che sono diventato vegano e attivista, non passa un giorno e una notte in cui non si presenti il ricordo vivido di quegli anni.
Ho visto mucche gravide che subivano la stessa atroce sorte delle scrofe: ancora coscienti, appese da una zampa, venivano sventrate e dopo la fuoriuscita del piccolo vitellino già formato, ho assistito alla brutale pratica di squartamento del piccolo mentre il cuore ancora batteva.

 

Al mattatoio di Quartu Sant’Elena (CA) i maiali venivano presi a sprangate in testa, sul muso; ho visto l’accanimento di operai su quelle povere creature, fino a che non fossero riusciti a spaccare il cranio dalla botte inflitte, ho visto fuori uscire il cervello da animali con la testa fracassata.
Ho visto persone scaricare ogni tipo di violenza sugli animali che dovevano essere uccisi. L’elemento più importante era la velocità, la considerazione degli animali non esiste, non esiste nessun tipo di limite alla violenza.

 

Gli agnelli venivano legati dalle zampe e su un tavolo venivano sgozzati uno dopo l’altro. Mio padre, quando avevo 12 anni, ha sgozzato un agnellino davanti a me e ancora rivivo quello schock.
Mi sono opposto a tutto questo e spero che questa mia testimonianza possa essere d’aiuto per diffondere la verità.

 

Abito ancora vicino al mattatoio e ogni volta che vedo passare i camion di animali, mi domando come abbia potuto non comprendere prima che tutto questo debba essere fermato. Ora questa è la mia missione: far sapere cosa si nasconde all’interno di questi luoghi e combattere lo sfruttamento animale, è una questione di giustizia.”

 

Grazie ad Angelo Badas per averci rilasciato questa importante testimonianza.
Alla fine dell’intervista, Angelo ha voluto concludere dicendo:

“Non mi devi ringraziare, questa è la mia causa, è la nostra causa, tutto questo lo faccio per loro, per gli animali”.

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