Esseri senzienti
In una raccolta di saggi dell’autrice britannica Doris Lessing, intitolata “Le prigioni in cui scegliamo di vivere”, lessi di un esperimento sociologico condotto in un’università statunitense. Un ricercatore scoprì che è possibile prendere un ‘vero fedele’ – diciamo un adepto della chiesa di Scientology, o qualcuno convinto che la terra sia piatta o che il mondo finirà venerdì 13 del prossimo anno bisestile – e “usando classiche tecniche del lavaggio del cervello, trasformare questo fedele, prima in un Avventista del Settimo Giorno, poi in un comunista stalinista, poi in un liberale, poi in un[a] femminista, poi in un incallito ateista.” Dopo aver attraversato tutte queste fasi (ma ciascuna è vissuta, finché dura, come verità assoluta, definitiva, unica), l’infelice viene restituito alla sua fede originaria, secondo cui, diciamo, il mondo finirà venerdì 13. A questo punto, tutte le altre fedi attraversate gli appaiono chiaramente fasulle, brevi interruzioni della sua salute mentale.
Chi legge il resoconto di questo esperimento sociologico solitamente sente di essere, per quanto lo riguarda, assolutamente al riparo da simili errori. Io sì che vedo la realtà così com’è….
Forse, tuttavia, questa è solo la rappresentazione, più chiara perché oggettivata dalla cornice scientifica dell’esperimento, del modo in cui viviamo tutti: barricati in un mondo di costruzioni mentali e convinzioni prese in prestito. La mente influenza la nostra percezione della realtà al punto da riuscire a falsificarla in maniera grottesca e priva di alcun fondamento oggettivo. Gli esseri umani sono riusciti a convincersi delle idee più incredibili nel corso della storia, arrivando, a forza di recitarle a se stessi, a percepirle come oggettivamente vere: che una razza umana fosse per sua natura inferiore e dunque schiava di un’altra; che le donne fossero inferiori agli uomini in tutti i sensi; che gli Animali fossero macchine bio-meccaniche senza alcuna capacità di provare realmente dolore, e via di seguito, una lampante assurdità dietro l’altra. E ciascuna assurdità viene di volta in volta venduta come il frutto più prezioso proprio di quella sublime facoltà umana, la capacità di ‘ragionare’ o di ‘riflettere’.
E’ curioso questo fatto. Di volta in volta ci dimentichiamo completamente quanto il nostro giudizio sia risultato fallace alla generazione seguente…
Nonostante questo, una volta che l’essere umano si convince di qualcosa deve innanzitutto raccontarsi che la sua visione è il risultato di considerazioni oggettive, e non importa quanto chiaramente l’unica considerazione oggettiva possibile sia l’imbarazzante relatività della sua piccola mente rispetto all’immensità che lo circonda. Più la sua visione è irrazionale, più ci tiene ad affermarne l’oggettività. A questo punto, la sua percezione lo segue ed egli vede la realtà esattamente come la mente gli detta. Il problema è che poi ha il potere di agire di conseguenza…
Gli inquisitori erano senza dubbio convinti di avere stabilito con oggettiva chiarezza che le donne mandate al rogo fossero proprio streghe, e che mandare al rogo una strega fosse una decisione necessaria al bene comune e pertanto assolutamente ovvia, ragionevole, indubitabile. Ogni nuova generazione si scandalizza di fronte alle credenze e alle malefatte di coloro che l’hanno preceduta – e riparte da zero a denigrare, seviziare, schiavizzare la categoria di turno di esseri senzienti più deboli, con la stessa incrollabile fiducia nel proprio discernimento.
Sembra davvero che la storia non riesca a insegnarci una maggiore auto-coscienza, una sorta di spontanea diffidenza e capacità di distanza critica verso tutte quelle convinzioni che ci portano a pensare di avere un diritto di possesso su altre esistenze, considerate, per motivi sempre nuovi, ‘inferiori’ alle nostre. Ancora non abbiamo commesso abbastanza atrocità nel nome della confusione tra il ‘potere’ su altre forme di vita – umane e non umane – e un ipotetico ‘diritto’ di usare questo potere contro di esse in qualunque modo? Il potere non comporta diritti, comporta doveri; è la debolezza ad avere dei diritti – primo fra tutti quello di essere protetto dal più forte… In un mondo sano, il più forte avrebbe il dovere di proteggere il debole, che avrebbe il diritto di essere protetto.
Al contrario, l’essere umano deve di sentirsi ‘padrone’ a tutti i costi; padrone sempre per un diritto fondato su una conoscenza oggettiva della realtà. Quanto amiamo le ‘autorità’ in tutti in campi! Gli ‘specialisti’. Gli ‘scienziati’. I ‘professori’. Quanta sicurezza ci trasmettono, e quanto orgoglio nel far parte di una specie che raggiunge simili vette evolutive, simili grandezze! Noi abbiamo capito. Abbiamo capito che cos’è la vita, quando ha valore e quando assolutamente non ne ha. Abbiamo capito l’essenza e la natura di ciò che è vivo, e abbiamo capito che noi siamo diversissimi da tutti gli altri esseri senzienti – noi soli abbiamo ‘un’anima’, una coscienza, una dignità individuale, un destino…
Intanto, l’universo che si spande silenzioso intorno a noi, ci osserva. A volte, per brevi attimi, lo sentiamo – la sua buia, inesorabile immensità. E d’un tratto, eccoci: piccole ombre in fuga, minuscole forme di vita su una scheggia di pianeta tra miliardi di galassie, lanciato a gran velocità verso la completa dissoluzione.
Per quanto l’essere umano tenti di convincersi del contrario, il pensiero, analizzato, annienta se stesso; le sue percezioni lo confondono, si contraddicono, variano; lui stesso è pieno di complessi, insicurezze, inibizioni… è, in poche parole, un disadattato che cammina a tentoni. Questa vita gli sta stretta, o larga, la sopporta solo a condizione di essere costantemente distratto e allontanato dal qui e ora, dalla realtà della sua condizione terrena. E’ ormai dolorosamente cosciente di avere creato, con tutta la sua intelligenza, un mondo pieno di orrori inconcepibili e programmato per l’autodistruzione.
Ed è interessante notare come le società umane che hanno portato il mondo alla crisi attuale siano proprio quelle che hanno maggiormente sviluppato la capacità di pensare ‘razionalmente’, e che proprio su questa facoltà hanno fondato il senso di una superiorità sostanziale rispetto a tutti gli altri esseri, e anche rispetto a quelle culture che, a scapito della ragione, hanno sviluppato aspetti differenti della propria intelligenza. Da quest’unica condizione – la capacità di pensare razionalmente – deducono un ipotetico diritto di negare a tutti gli altri esseri i diritti più fondamentali, come quello di vivere in libertà e secondo la propria natura.
Quanto più dolorosamente la nostra inettitudine preme alle porte della nostra coscienza, tanto più fermamente abbiamo bisogno di proiettarla su un altro essere. Affinché il trucco funzioni, dobbiamo convincerci che tra noi e lui esista una differenza assoluta, che si tratti proprio di una forma di vita sostanzialmente diversa…. Ci focalizziamo su tutto ciò che ci sembra essere segno di diversità fra noi e ‘l’altro’, rimanendo in questo modo comodamente al riparo dal contatto con la sua vera natura – peraltro assai simile alla nostra. Ci convinciamo che l’inetto è lui, l’altro da noi. L’altro diventa materia senza volto, su cui è possibile proiettare ogni nostra ombra e paura: l’altro non vale nulla, è un incapace, è alla mercé delle forze della natura; è solo corpo, non ha un’anima, non ha nessuna dignità, nessun valore (specialmente agli occhi di Dio…), e, dunque, nessun diritto, ma proprio: nessuno. Vediamo manifesto in lui tutto ciò che temiamo sia vero per noi. Rifugiandoci in una presunta differenza da lui, ci sentiamo al sicuro. Avendo confusamente deciso che la capacità di pensare è nostro monopolio e al contempo che è l’unica misura del valore di una vita, ci sentiamo automaticamente liberati anche da ogni ulteriore comunanza esistenziale con gli altri esseri senzienti. Riaffermiamo a noi stessi il nostro valore, nonostante tutte le sconfitte; prima fra tutte, la semplice, mordente sensazione d’inadeguatezza… (Il pensiero razionale, infatti, non aiuta per niente a sentirsi a casa nel mondo.) Questo, di fronte all’evidenza che proprio gli altri Animali, come anche i popoli che amiamo definire ‘primitivi’, hanno la capacità, che a noi manca, di stare al mondo in armonia con il pianeta, in pace con se stessi, perfettamente equipaggiati per una vita dignitosa, indipendente e autosufficiente. Il complessato, il tormentato, l’insicuro, il dipendente da tutto e da tutti, è sempre solo lui, l’essere umano ‘civilizzato’, fisso nell’intento di ridurre tutto ciò che esiste intorno a lui alle sue logiche di potere. Sull’assenza di un pensiero discorsivo egli fonda inoltre la curiosa convinzione che di conseguenza ivi sia assente anche la capacità di soffrire – o che comunque la sofferenza in questo caso particolare non abbia nessuna importanza.
Il pensiero razionale comprende la realtà per differenziazione. Separa, categorizza, isola. Non si rende conto che, in questa maniera, tende spesso a misconoscere completamente la natura delle cose, molto meglio comprensibile per assimilazione, comunione, integrazione, inter-relazione. Solo se ritengo di avere qualcosa in comune con un altro essere potrò entrare con lui in una relazione che mi rivelerà chi è, come è, e cosa è. Se guardo solo le differenze, capirò assai poco. A parte la dubbia fondatezza di una concezione della vita che basa la dignità dell’esistenza sulla facoltà del pensiero, l’errore in cui incorriamo quando riteniamo di esserne gli unici detentori, è duplice: da un lato, spesso il pensiero esiste, ma non ce ne accorgiamo, in quanto la nostra comunicazione con gli altri esseri senzienti è fuorviata da modelli percettivi e comportamentali incentrati su noi stessi e che finiscono per mancare il bersaglio della nostra indagine. La ricerca sul comportamento animale sta infatti dimostrando con sempre maggiore chiarezza come gli Animali pensino in maniera molto più differenziata di quanto non ci rendessimo conto in passato. D’altronde, Socrate era convinto che le donne fossero incapaci di pensiero razionale. Prima di farci un’opinione di qualcuno, dovremmo innanzitutto trovare il modo di comunicare con lui o con lei… Dall’altro, l’intelligenza non è soltanto razionale. Esistono forme d’intelligenza molto sofisticata, che esulano dalla ragione e usano aree non razionali della mente per comprendere la realtà e le sue leggi. Su questo punto si esprime molto chiaramente C.G. Jung nel saggio introduttivo a un antico trattato di mistica cinese “Il Segreto del Fiore d’Oro”. Sottolinea come dal punto di vista intellettivo, gli antichi ci debbano sembrare come bambini; e tuttavia egli afferma che ciò non ha “nulla a che vedere con l’intelligenza!”.
Gli Animali sono, di fatto, superiori a noi sotto moltissimi aspetti: comunicano tra loro attraverso distanze infinite, ritrovano la strada di casa da un capo all’altro della terra, prevedono terremoti e uragani, ci leggono dentro, sanno quando mentiamo, quando abbiamo paura, quando nascondiamo la rabbia… non sono queste forme d’intelligenza, forse? Intelligenza e intelletto non sono termini congruenti, e se non ce ne rendiamo conto, finiamo per perdere la possibilità di acquisire strumenti di infinito valore per comprendere (ed esperire) la realtà in profondità a noi altrimenti inaccessibili.
L’errore più grande rimane comunque la svalutazione dell’essere che abbiamo dinanzi, deducendo da differenze particolari una diversità di sostanza, anziché vedere al di là di esse la comunione dell’esistenza sensibile. Ogni epoca sceglie contro quali differenze accanirsi. I coloni australiani, per esempio, erano convinti che tratti somatici inconsueti, pelle scura e una cultura basata su una concezione del mondo completamente ignota a loro, costituissero elementi discriminatori utili a fondare il diritto di violentare le vite degli aborigeni che in questa diversità prendevano forma. Evidentemente, queste vite, troppo diverse dalle loro, non potevano avere nessun valore. Sicuramente la visione aborigena del mondo non era tratta da una decodificazione ‘razionale’ della realtà. Purtuttavia, costituiva un sistema per comprendere le leggi che governano l’esistenza umana in relazione al mondo che aveva permesso agli aborigeni di vivere in pace, in armonia, nella prosperità dell’anima, per millenni. I coloni, accecati dalle ‘differenze’ che percepivano, non videro assolutamente nulla della ricchezza umana che avevano dinanzi. Erano convinti di trovarsi di fronte a forme di vita completamente aliene. Basti pensare che sostenevano essere ‘scientificamente provato’ che le madri aborigene non soffrivano per la separazione forzata dai figli, perché erano “come animali”.
Infatti gli Animali non umani – come gli ‘Umani quasi Animali’… – non soffrono per la separazione dai propri piccoli! (Questo, purtroppo, non solo secondo l’opinione dei coloni australiani.) Basta entrare in un allevamento di Mucche ‘da latte’, per poter ascoltare le urla di quelle madri, quando dopo 48 ore viene sottratto loro il figlio appena partorito. Ma le loro urla, come le lacrime delle mamme aborigene, non hanno nessun significato. Perché? Perché, in qualche modo, Aborigeni, Mucche, gli ‘intoccabili’ indiani, i malati di mente fino a tempi molto recenti, le Scimmie da laboratorio, le donne – donne, in infinite epoche e culture – sono diversi. Ma diversi da chi? Semplicemente da chi, in un dato luogo e momento, detiene più potere di essi e si sente di conseguenza libero di inventarsi il diritto di usare gli ipotetici altri da sé come gli pare e piace. Proprio: in qualunque modo. A un essere senziente appena un po’ diverso da me (ma quanto diverso, e come diverso?) posso fare qualunque cosa. Le atrocità più immonde. E’ tutto a posto, perché mi sono convinto che non è come me, dunque lui, o lei, non importa. La nostra incapacità di comprendere che la vita va rispettata tutta ha dell’incredibile. Solo rispettando tutta la vita sradicheremo le mostruosità che avvengono in questo mondo, altrimenti ci sarà sempre una scusa per abusare, violentare, distruggere i più deboli di turno, i più innocenti, i più indifesi. La domanda non è: quest’altro essere è identico a me? Crede nel mio Dio? Ha il mio aspetto fisico? Vive nel modo in cui vivo io? Sa parlare? La domanda è: sa soffrire? E la risposta è: sì.
Infinitamente, sì. Tutti gli esseri senzienti sanno soffrire. Anche gli Animali non umani: eccoli lì. Quando il nostro occhio interiore si rivolge a essi, arriva come un rumore lontano, come un’eco lontana, ma riconoscibile, più si ascolta, come il suono dell’uragano, come il boato, lontano, lontano, di un tornado. E se continui a guardare, dal profondo della tua mente, arrivano. Sorgono in masse che non hanno più numero, arrivano sempre di più, da ogni angolo e anfratto della terra, in ogni frammento di tempo terrestre – eccoli davanti al tuo occhio, seviziati, straziati, abusati, calpestati, torturati, incatenati, bastonati, lacerati, usati, usati, usati da questo Umano, fuori di sé, fuori da ogni concetto in cui può esistere la vita, la convivenza tra esseri – follia, follia infinita! Esseri preziosi senza più numero, non si possono più contare, Vitelli che appena si reggono in piedi, Scimmie intelligentissime e piene di sentimento, Elefanti maestosi, dai legami profondi, Cani, testimoni di un’infinita capacità di amare, tenaci Caprette nate per scalare le alture sotto il cielo, sensibilissimi Maiali complicati ed emotivi, e Tigri, e Orsi, e Leoni, e Volpi, ed Ermellini, e Cervi, e Caprioli, e Cinghiali, e Anatroccoli, e Conigli, esseri che sentono, che respirano, che desiderano, gonfi di vita che urla nei loro corpi offesi, orrendamente offesi nei labirinti senza fine – senza fine – degli allevamenti intensivi che battono alle porte delle città con il frastuono tremendo delle atrocità che vi avvengono, nei milioni di macelli automatizzati, dove vengono appesi e fatti a pezzi ancora vivi, uno dietro l’altro, incessantemente, in mezzo a urla di terrore che riempiono l’aria e che l’uomo ha il coraggio di non sentire, nei laboratori di quell’indecente prostituta che osa chiamarsi scienza, nei canili lager, dietro le sbarre di gabbie e ancora gabbie e ancora gabbie, in cui si disperano, in cui impazziscono, nei cortili abbandonati e nelle strade del mondo, bastonati, torturati, calpestati… Le loro grida di terrore e disperazione avvolgono questo pianeta come nebbia, la loro angoscia satura la terra, le loro vite insultate, degradate a oggetto, le ombre innumerevoli dei loro sguardi, la loro tremenda innocenza, tutto preme alle porte della coscienza umana, e a nulla giova quanto egli cerchi di non sentire, di non vedere nulla.
Esercitando sugli Animali un presunto diritto di abusare della vita, l’abuso continuerà a far parte delle norme del nostro comportamento e, immancabilmente, continueremo ad abusare anche delle vite umane: la vita stessa, che scorre in tutti gli esseri, si rivolterà contro di noi. E non potrebbe essere altrimenti per questo Umano, signore del nulla, cascato fuori da ogni misura. Tutta la Naturalo guarda, tutto ciò che ha vita, tutti gli esseri senzienti, evoluti, sensibili, preziosi, che lui reifica nel tentativo di soddisfare bisogni inventati, voragini di consumo, tutti hanno gli occhi rivolti verso di lui. Il giorno in cui alzerà lo sguardo e incontrerà il loro – chi lo salverà dalla visione di sé, di ciò che egli è stato per la vita su questo pianeta?
Articolo scritto da Yael pubblicato su veganzetta.org il 27/05/2014